![]() |
Villa Campolieto - Ercolano |
Con la costruzione della Reggia di Portici, nell'area ai piedi del Vesuvio, inizia anche la costruzione di molte Ville Settecentesche che diventeranno il Miglio d’Oro.
In quanto porticese, provo una certa
emozione nel parlare di questo argomento che unisce in sé storia, arte ed
attualità. Ma cos'è il Miglio
d’Oro?
![]() |
Miglio d'Oro - Ercolano |
Il termine nasce del ‘700 per indicare un miglio, secondo
l’unità di misura usata a Napoli nel XVIII sec, della Strada Regia delle
Calabrie, una delle vie principali del regno borbonico.
Il Miglio d’Oro infatti, partendo da Ercolano, in
particolare dalla Villa de Bisogno a Corso Resina, percorreva tutta la fascia
costiera ai piedi del Vesuvio sino a Torre Del Greco. Nel
mezzo di questo lungo percorso ci sono gli Scavi
di Ercolano, ma anche un grande numero di ville,
principalmente del ‘700, che sono state costruite in prossimità dell’edificio
più importante tra queste, la Reggia di Portici. Oggi sono
state comprese nel Miglio d’Oro, come vedremo, tutte le ville del ‘700
costruite ai piedi del vulcano non
necessariamente collocate in quel miglio. Sono infatti definite ville
del Miglio d’Oro, anche quelle che possiamo trovare a San Giovanni a Teduccio,
vicino Napoli, a San
Giorgio a Cremano e a Portici.
Ed è da Portici che ha inizio la storia del Miglio d’Oro inteso come vero e proprio fenomeno architettonico fatto da Ville
Vesuviane appartenenti a personalità di rilievo nella corte borbonica che
decisero di stabilirsi ai piedi del vulcano per il clima, il paesaggio e
per la vicinanza con la Reggia.
Oggi molte di queste dimore sono in stato
di abbandono, eccetto alcune che lasciano intravedere lo splendore del passato.
Potrebbero diventare un percorso turistico, idea che è stata da
sempre un sogno mai raggiunto per i comuni vesuviani, e che renderebbe l’area
un grande museo a cielo aperto.
![]() |
Portici |
La zona vesuviana è stato fin da sempre un luogo
prediletto dalla nobiltà, nell’antica
Roma sono diverse le ville romane costruite da famiglie ricche e
poi distrutte dall’eruzione del 79 d.C e
non ancora portate alla luce. Anche sul finire del ‘300 re Roberto
D’Angiò era
solito invitare intellettuali e la corte nel Palazzo Capuano di Portici, il più antico edificio di
tutti.
![]() |
Villa d'Elboeuf a Portici |
Ma il boom di costruzioni gentilizie si avrà nel ‘700 e l’inizio di questo fenomeno è
ancora Portici. Nel 1711 il Duca d’Elbeuf e principe di Lorena, Emanuele Maurizio, passato al servizio dell’imperatore
Giuseppe I e nominato luogotenente generale della propria cavalleria a Napoli,
decise di costruire la sua residenza privata lungo le coste di Portici, nella
zona oggi chiamata del Granatello.
La villa, detta d’Elboeuf, fu progettata dall'architetto Sanfelice, e presentava un giardino con
numerose piante esotiche attorniate dai tanti reperti archeologici provenienti
dagli appena scoperti scavi di Ercolano. È triste sapere che questa villa oggi è
abbandonata.
![]() |
Reggia di Portici, 1745 |
Nel 1738 Carlo Re di Napoli, con la consorte Maria Amalia di Sassonia, per una casualità dettata dal mare grosso che interruppe bruscamente il loro viaggio, divennero ospiti dal duca e rimasero così colpiti dalla bellezza del luogo e dalla vicinanza con gli scavi che il re decise di costruire lì un suo palazzo. Così nacque la Reggia di Portici, progettata dall'architetto Antonio Canevari, con al suo interno pitture di Bonito.
Oggi la reggia è sede dell’Università di Agraria della Federico II di Napoli,
oltre ad ospitare l’Orto Botanico borbonico, ma, nell'ultimo periodo, si sta
tentando di trasformarla in un museo, funzione che svolgeva anche ai tempi dei
Borbone, infatti, per la vicinanza con gli scavi di Ercolano, tutti i reperti più
importanti venivano trasportati nella Reggia, solo poi all'inizio dell’800 Giuseppe Bonaparte decise di spostarli nell'odierno Museo
Nazionale di Napoli.
La costruzione della Reggia consentì il sorgere di più di
100 ville appartenenti
alle famiglie nobili che frequentavano la corte.
![]() |
Villa Campolieto ad Ercolano |
Citiamone quelle più famose:
in primis Villa Campolieto ad Ercolano, oggi una delle poche usata per eventi culturali di vario genere.
Voluta nel
1755 da Lucio di Sangro, duca di Casacalenda, il progetto fu nell’ultimo
periodo affidato a Vanvitelli e, alla sua morte, al figlio Carlo. L’edificio,
restaurato nella seconda metà del ‘900, è un po’ il simbolo per bellezza delle
Ville Vesuviane per la struttura e giardini.
Villa Menna a Portici è importante perché in un dipinto si vede il Re Ferdinando di Borbone su una terrazza della villa, nell’attesa del passaggio del treno sulla prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici. Palazzo Ruffo di Bagnara con il famoso epitaffio in ricordo dell’eruzione del 1631 , primo esempio di manifesto di protezione civile. Villa delle Ginestre a Torre del Greco, dove Leopardi scrisse la celebre poesia che oggi ha dato il nome alla villa del ‘700 acquistata poi dalla famiglia Ferrigni, legata ad Antonio Ranieri, amico del celebre poeta.
Villa Menna a Portici è importante perché in un dipinto si vede il Re Ferdinando di Borbone su una terrazza della villa, nell’attesa del passaggio del treno sulla prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici. Palazzo Ruffo di Bagnara con il famoso epitaffio in ricordo dell’eruzione del 1631 , primo esempio di manifesto di protezione civile. Villa delle Ginestre a Torre del Greco, dove Leopardi scrisse la celebre poesia che oggi ha dato il nome alla villa del ‘700 acquistata poi dalla famiglia Ferrigni, legata ad Antonio Ranieri, amico del celebre poeta.
![]() |
Crollo Villa Lauro Lancellotti a Portici |
Queste sono alcune delle 122 ville del Miglio d’Oro, purtroppo è da segnalare anche quelle con una sorte triste, come villa Lauro Lancellotti a Portici, che pochi anni fa ha visto crollare la sua facciata.
Fonti:
Roberto Di Stefano, Il Miglio d’oro: Itinerario fotografico attraverso le ville vesuviane, Napoli, Il laboratorio edizioni, 1979.
Roberto Di Stefano, Il Miglio d’oro: Itinerario fotografico attraverso le ville vesuviane, Napoli, Il laboratorio edizioni, 1979.
Nessun commento:
Posta un commento